I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 ATTO TERZO
 
 Sala terrena in casa di campagna, corrispondente agli alloggiamenti di Quinto Fabio.
 
 SCENA PRIMA
 
 VELIA ed ERMINIO da varie parti
 
 A DUE
 
    Non so per quale affetto
 mi palpiti nel petto
 oltre l’usato il cor.
 
 ERMINIO
 (Qual beltà!)
 VELIA
                           (Qual sembiante!)
 ERMINIO
615(Arder più chiari rai non vidi ancora).
 VELIA
 (Leggiadria e nobiltà spiran que’ lumi).
 ERMINIO
 (Fosse tal la mia Velia).
 VELIA
 (Tal fossi, Erminio mio).
 ERMINIO
 (Ma la mia Velia, oh dio! sorte mi ha tolta).
 VELIA
620(Ma ’l mio Erminio è lontano e non m’ascolta).
 ERMINIO
 A un impulso del cor, bella, perdona
 l’ardir. De l’esser tuo mi tien vaghezza.
 VELIA
 Egual brama al tuo aspetto in me si accese.
 ERMINIO
 Nera pietra segnò tutti i miei giorni.
 VELIA
625Sempre anch’io fui bersaglio a ria fortuna.
 ERMINIO
 Sinor pari è ’l destin. Tua patria è Roma?
 VELIA
 Se romano tu sei, taccio e sospiro.
 ERMINIO
 Prigionier son di Fabio in questo campo.
 VELIA
 Son di Fabio il tribuno anch’io conquista.
 ERMINIO
630D’Ersilia al nome sospirar l’intesi.
 Saresti tu sua gentil fiamma?
 VELIA
                                                        Io quella.
 E nol potendo amar, per lui ne ho pena.
 ERMINIO
 Degno è di tua pietà...
 VELIA
                                           Tanta ti prendi
 cura di lui che prigioniero e in rischio
635qui te ritien?
 ERMINIO
                            Già, sua mercé, nel campo
 numidico sarei; ma sì non m’ange
 amor di libertà, cura di vita,
 quanto il saper se qui cattiva o estinta
 sia l’illustre mia sposa.
 VELIA
640(Torna il palpito al cor). Deh! Fa’ ch’io sappia
 il nome e l’esser tuo.
 ERMINIO
                                        Fasce reali
 sortii. Di Erminio ho ’l nome;
 e nel ligure ciel...
 VELIA
                                  Tu Erminio?.. Oh dio!
 De la Liguria il prence?
645E di Velia lo sposo?
 ERMINIO
                                      Appunto. E donde
 a te di mie fortune è giunto il grido?
 VELIA
 Donde? Da Velia tua...
 ERMINIO
                                            Toglimi, ah! tosto
 dal maggior mal. Viv’ella? Ha teco anch’ella
 comuni i ceppi? Ersilia,
650ti chieggo il mio riposo.
 VELIA
 (Quanto bello e fedel trovo il mio sposo!
 Ma scopriremci? Or non è tempo. Ad ambo
 verria men la difesa
 e cresceria il periglio).
 ERMINIO
655Tu non rispondi; e ’l tuo tacer crudele
 forse mi dice più che non vorresti.
 VELIA
 Datti pace. Ella vive; e l’incertezza
 de la tua sorte è ’l suo più grave affanno.
 Dal generoso Fabio accetta il dono
660de la tua libertà. Guai se ti trova
 del fier Minucio, or dittator, l’editto.
 Riedi al punico vallo. Ivi il tuo amore
 avrà di che esser lieto;
 e certo sii che quando Velia il primo
665guardo a te volgerà, tutta amorosa,
 dirà: «Vien, caro Erminio;
 eccoti la tua amante e la tua sposa».
 
    «Senza te, mia luce, errai
 fra le tenebre né mai
670chiaro giorno a me spuntò».
 
    Lo dirà, che di quel core,
 tutto fede e tutto amore,
 credi a me, gli arcani io so.
 
 SCENA II
 
 QUINTO FABIO con due soldati e i suddetti
 
 ERMINIO
 Vien Fabio. Arresta il passo.
 QUINTO FABIO
675E da me esempio di pietade apprendi.
 Erminio, a’ tuoi ritorna e a la tua Velia
 che nel punico vallo è forse in pena
 per te.
 ERMINIO
                Di sua salvezza
 e di sua libertà vedi chi primo
680mi diè l’annuncio.
 QUINTO FABIO
                                    Ersilia?
 VELIA
                                                     E più sicuro
 attender nol potea che dal mio labbro.
 QUINTO FABIO
 Or t’affretta a partir, che sempre inanti
 mi sta ’l fiero littor. Questi due fidi
 soldati miei ti scorteranno al campo.
685Ricordati di me. Siati anche cara
 Roma per me. Dammi un amplesso e ’l prendi.
 ERMINIO
 Fabio, per questa giuro
 fida man, che ti porgo,
 e per questo, che cingo, acciar, né quella
690né mai questo alzerò contro di Roma;
 serberò tua memoria, infinché duri
 questa, ch’è dono tuo, vita; e se mai
 potrò usarne in tuo pro, l’avrò più cara.
 VELIA
 Coppia sì rara unqua non vide il sole.
 ERMINIO
695Bella Ersilia, se prego
 può d’Erminio aver loco appo il tuo core,
 sii più giusta al mio Fabio. Ama il suo amore.
 VELIA
 Erminio, di me stessa
 non mi è dato dispor. Velia ne ha ’l pieno
700arbitrio.
 ERMINIO
                   E se d’amarlo ella t’impone?
 VELIA
 Ubbidirò.
 ERMINIO
                      Fabio, al tuo cor da’ pace.
 QUINTO FABIO
 Lusingarmi non so d’un tanto bene.
 ERMINIO
 Ti assicuri mia fede. Ersilia avrai.
 VELIA
 Tu prometti al suo amor quel che non sai.
 ERMINIO
 
705   Vado ad oprar per te. (A Quinto Fabio)
 Ma tu dovresti, o bella, (A Velia)
 renderti a tanta fé,
 senza aspettar di più.
 
    Beltà, che voglia amar,
710con l’altrui cor non ama,
 corre ove a sé la chiama
 merto, beltà e virtù. (Parte coi due soldati di Quinto Fabio)
 
 SCENA III
 
 QUINTO FABIO e VELIA
 
 VELIA
 Ben collocato è ’l beneficio, o Fabio,
 in magnanimo core.
 QUINTO FABIO
715Ma infelice è l’amore
 che per alma crudel langue e sospira.
 VELIA
 Così vuol la mia sorte e ne ho tormento
 nulla del tuo men fiero.
 QUINTO FABIO
                                             E pur se Velia...
 VELIA
 Un giorno intenderai del vano impegno
720l’innocente lusinga.
 QUINTO FABIO
 Non so perder ancor tutta la speme
 che tu giusta mi sia; né per ripulse
 la mia fede si stanchi.
 VELIA
 Ella, sì, mi assicuri
725dal fier Minucio. Egli verrà col fasto
 de la sua dittatura a nuovi oltraggi.
 Altra difesa da un tiranno amante
 non ho che Fabio o morte.
 QUINTO FABIO
 Ersilia, non temer. Sicuro asilo
730nel campo avrai del dittator mio padre.
 VELIA
 Il trionfo compisci
 di tua virtù. Rendimi ai miei.
 QUINTO FABIO
                                                         Crudele!
 Anche fuggirmi? Anche il piacer ch’io perda
 de l’amabil tua vista?...
 VELIA
735Per lontananza salderà tua piaga.
 QUINTO FABIO
 Dirai meglio, per morte.
 Non mi sento sì forte
 a perderti per sempre.
 Lascia ch’io più disperi o più mi avvezzi
740a sì crudo per me rimedio estremo.
 VELIA
 Minucio... O dei!...
 QUINTO FABIO
                                     Fabio è ancor teco.
 VELIA
                                                                         Io temo.
 
 SCENA IV
 
 MINUCIO con littori e i suddetti
 
 MINUCIO
 Non vi turbi il mio aspetto. Io qui non vengo
 tratto da quell’ardor, di cui mi resta
 lieve appena scintilla.
745La dittatura, a cui m’alzaro i voti
 del popolo romano, e le speranze
 di Roma in me rivolte
 m’inspirano altri affetti, altri pensieri
 che sien degni di me, di lei, di tutti.
 VELIA
750Vincitor di te stesso,
 vittoria ottieni assai maggior d’ogni altra.
 MINUCIO
 Fabio, a te solo venni...
 QUINTO FABIO
 Bastava un tuo comando...
 MINUCIO
                                                  A te, ornamento
 della patrizia gioventù, crescente
755speranza e lume del latino impero.
 QUINTO FABIO
 Troppo, o signor...
 MINUCIO
                                    Le prove,
 che ne l’ultima pugna
 desti d’alto valor, fan che al tuo braccio
 utile affidi e necessaria impresa.
 QUINTO FABIO
760Ove è ’l ben de la patria,
 né incontro temo né fatica fuggo.
 VELIA
 (Mali per me).
 MINUCIO
                              Del vicin colle il giogo
 va’ con le tue coorti
 spedito ad occupar, pria che ’l Numida
765sopra vi spieghi i barbari vessilli.
 Ei già l’armi vi spinge. Il prevenirlo
 ne assicura da assalti e da sorprese
 e a lui chiude i soccorsi e vieta i paschi.
 QUINTO FABIO
 Mi è gloria il cenno e tronco i vani indugi.
 MINUCIO
770Sì indiscreto non son che ti divieti
 prender da la tua Ersilia un breve addio.
 QUINTO FABIO
 Già ’l cor lo prese. Or servo al dover mio.
 
    Nulla bada destrier generoso,
 se suon strepitoso
775d’oricalco lo sfidi e lo desti.
 
    Corra ardito ad invito d’onore,
 magnanimo core,
 e da gloria altro amor non l’arresti.
 
 SCENA V
 
 MINUCIO e VELIA
 
 MINUCIO
 Senza porgerti un guardo?
780Senza torne un addio? Fabio non t’ama.
 VELIA
 Dover d’amor da quel di gloria è vinto.
 MINUCIO
 Per Minucio sarebbe
 la maggior gloria sua l’amor d’Ersilia.
 VELIA
 Signor...
 MINUCIO
                   Partite. (Ai littori, i quali partono)
 VELIA
                                   (Oh rischi).
 MINUCIO
785Bella, non perché illustre
 di sublimi trofei splenda il mio nome,
 non perché a me dia vanto e da me ’l prenda
 l’eccelso onor, di cui m’ha adorno il Tebro,
 a te parla il mio cor ma perché t’ama.
 VELIA
790Come? Da quell’ardor, di cui ti resta
 lieve appena scintilla,
 sì ti lasci abbagliar? Ciò non attende
 la dittatura, a cui t’alzaro i voti
 del popolo romano;
795né a te sono rivolte
 le speranze di Roma,
 perch’abbia ad illustrar le tue conquiste
 una misera schiava. Ah! Dittatore,
 quegli affetti ripiglia e quei pensieri
800che sien degni di te, di lei, di tutti.
 MINUCIO
 Sii men saggia e più grata. A te non venni
 per ricever consiglio
 ma prezzo di favor, cambio d’affetto.
 Tu ’l promettesti; e ’l chieggo.
 VELIA
805Qual lo promisi, io tel concedo; onesto.
 MINUCIO
 Ma che sia più che stima.
 VELIA
 Sia anche amistade.
 MINUCIO
                                        A un amator non basta.
 VELIA
 Non può Ersilia di più.
 MINUCIO
                                             Può, purché voglia.
 VELIA
 Aggiungi: e purché deggia.
 MINUCIO
810Non ripugna al dover legge d’amore.
 
    Men fierezza. A chi vi adora,
 deh! volgetevi, occhi belli.
 
 VELIA
 Roman, tu non conosci a cui favelli.
 MINUCIO
 A un’ingrata, lo so; ma tu obbliasti
815che a un dittator rispondi.
 VELIA
 Non pensar del gran nome
 di atterrirmi col suon. Più lieve impresa
 a te Annibale fia che il cor di Ersilia.
 MINUCIO
 Risparmiami d’usar forza e potere.
 VELIA
820Son ritornati oggi i Tarquini a Roma?
 MINUCIO
 Che chieggo alfin? Poco ti costa un guardo
 e poco una lusinga.
 VELIA
 Chi vuol tutto negar nulla conceda.
 MINUCIO
 Ersilia, più pietà.
 VELIA
                                   Più senno, o duce.
 MINUCIO
825Vuoi libertà?
 VELIA
                           Su me ragion non hai.
 MINUCIO
 Vuoi preghi?
 VELIA
                           In tal miseria io non gli esiggo.
 MINUCIO
 Mira al tuo piede... (Nell’atto di piegare un ginocchio, si ferma alla voce di Quinto Fabio che sopraviene)
 
 SCENA VI
 
 QUINTO FABIO e i suddetti
 
 QUINTO FABIO
                                       Ah! Dittator, che fai?
 MINUCIO
 (Dei! Qui Fabio).
 VELIA
                                   (Respiro).
 QUINTO FABIO
 Queste son di Minucio
830le magnanime imprese?
 L’eroiche idee? Si vince
 Annibale così? Così Cartago?
 Di una schiava beltà si abbassa al piede
 il dittator di Roma? Usa più tosto
835nel supremo poter, di cui t’abusi,
 e le scuri e le verghe.
 Sia la tua dittatura
 crudel, non vil, talché non passi in altri
 l’obbrobrio, onde la spargi, e in te finisca.
840Signore, addio. Di Fabio
 serviro anche gl’indugi a la tua gloria.
 Or se onesto ti sembra, alor che a rischi
 per te m’espongo e per te colgo allori,
 toglimi Ersilia, insidiami una giusta
845spoglia del mio valore;
 ma, signor, ti sovvenga,
 in cor romano è debolezza amore. (Parte)
 VELIA
 
    Se incontra arene e sassi,
 che fa l’agricoltor?
850Cerca un terren miglior
 che gli assicuri un dì messe feconda.
 
    Non coglierai, me amando,
 che sdegno, onta e dolor.
 Beltà di facil cor
855non mancherà per te, che amor ne abbonda.
 
 SCENA VII
 
 MINUCIO e poi ARISBE
 
 MINUCIO
 Scotiti dal letargo, in cui t’han posta
 e sorpresa e dispetto,
 e svegliati a vendetta, alma feroce.
 ARISBE
 Come ubbidite son! come temute
860di Minucio le leggi! Oh! Se a Cartago
 torno, quai ridirò de la romana
 militar disciplina illustri esempi!
 MINUCIO
 Di che ne accusa Arisbe?
 ARISBE
 Non cadder tutti, e ben ne godo, a l’ara
865de la tua crudeltà quegl’infelici
 prigionieri africani,
 i cui ceppi bagnai d’inutil pianto.
 MINUCIO
 Che dici?
 ARISBE
                     Il ver. Già è salvo
 de la Liguria il forte prence, Erminio.
 MINUCIO
870Erminio, dopo Annibale, il più fiero
 nemico a Roma?
 ARISBE
                                  Io ’l vidi;
 e due romani erangli scorta...
 MINUCIO
                                                        Oh cieli!
 Chi deluse l’editto?
 ARISBE
                                      Un generoso
 cor più del tuo, Fabio il tribuno.
 MINUCIO
                                                            Arisbe
875giurò sparger tra noi discordie e risse.
 ARISBE
 Ma l’odio mio non ha bugie sul labbro.
 MINUCIO
 Creder mi è forza. Altero
 Fabio, omai trema. Col poter già s’arma
 ragion, sdegno ed amore.
880A la vendetta mia darò i pretesti
 con la legge oltraggiata.
 Cadrà un rivale e piangerà un’ingrata.
 
    Mal si provoca e s’irrita
 chi ha ’l poter di gastigar.
 
885   O ragion sembrar fa onesto
 il suo sdegno o a lui pretesto
 mai non manca a condannar.
 
 SCENA VIII
 
 ARISBE
 
 ARISBE
 Colpì al segno lo stral. Gittati ho i semi
 del civil odio. Vedrò in breve armarsi
890tribuni e dittatori.
 Qual gloria per Arisbe!
 E se dirlo a me lece,
 forse Annibale ancor tanto non fece.
 
    A l’uomo il sapere,
895l’ardire, il potere
 natura donò.
 E a noi che lasciò?
 Astuzia e beltà.
 
    Ma il sesso più frale,
900a senno, a possanza,
 sovrasta e prevale,
 se d’armi sì forti
 valer ben si sa.
 
 Fine dell’atto terzo
 
 All’aprirsi della scena prima dell’atto quarto, segue il ballo di soldati romani con esercizi militari.